Google Tax: Google incrementa del 2% le tariffe pubblicitarie

Con l'entrata in vigore dell'Imposta sui proventi digitali Google applica la Google Tax, scaricando sugli utenti gran parte dei costi

di Pietro Dommarco
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Google Tax

A partire dal 1 ottobre, parte in Italia la cosiddetta “Google Tax”. come aveva annunciato, Google ha deciso in modo unilaterale di incrementare del 2% il costo degli investimenti effettuati sulle sue piattaforme di advertising anche per gli utenti italiani.

Gli utenti pubblicitari troveranno quindi nelle fatture di ottobre una specifica voce che farà riferimento a questa tariffa addizionale. L’Italia non è il primo paese in cui il colosso di Mountain View ha deciso di applicare questa sovrattassa: Francia e Spagna ci hanno già preceduti di qualche mese, e altri paesi stanno sperimentando lo stesso trattamento.

La ragione di questa decisione è la tassa sui proventi digitali che molti paesi hanno deciso di applicare. Nel nostro paese la tassa si chiama ISD (Imposta sui Servizi Digitali) e coinvolge le aziende che hanno un fatturato globale di almeno 750 milioni di euro e che abbiano conseguito ricavi di almeno 5,5 milioni in un anno, riconducibili ad attività svolte in Italia.

L’imposta prevede che i colossi del web (Google e Facebook in prima linea) versino all’Agenzia delle Entrate il 3% dei ricavi generati nell’anno solare precedente. Il termine per il primo versamento dell’imposta, relativo all’anno 2020, era il 30 giugno. Il ministero del Tesoro aveva previsto un gettito aggiuntivo di circa 750 milioni, ma a quanto pare sono solo 230 i milioni effettivamente entrati nelle casse dell’erario.

La minimum tax globale

Sul tavolo dei grandi paesi del mondo c’è peraltro aperta la trattativa sulla definizione di una minimum tax globale. Sarebbe una tassa minima da applicare ai profitti delle multinazionali, e il suo scopo sarebbe di evitare la proliferazione di tasse locali che sarebbero in sostanza poco efficaci per contrastare il fenomeno dell’elusione. L’amministrazione Trump aveva bloccato tutte le trattative, mentre Biden sta dando nuovo impulso a questo processo. La discussione verte prevalentemente sull’entità della tassa: da una parte l’UE che vorrebbe applicare un’aliquota minima del 21%, dall’altra gli USA che preferirebbero un’aliquota più ridotta del 15%.
Il G20 che si svolgerà a Roma il mese prossimo sarà un momento di confronto fondamentale su questo tema, con l’obiettivo di rendere attiva la minimum tax entro il 2023.

Chi pagherà veramente la minimum tax?

Sul fatto che l’applicazione di una tassa globale sulle grandi aziende del digital sia un principio corretto ci sono poche discussioni. Da sempre i grandi brand del digital approfittano delle differenze nelle tassazioni locali per sottrarsi al pagamento delle imposte, e per far confluire quasi tutti i loro profitti in paradisi fiscali. Il problema, come dimostrato dalla decisione di Google di incrementare le sue tariffe, è che la forza commerciale di queste aziende, che non hanno in pratica alcuna concorrenza sul mercato, permette loro di prendere decisioni unilaterali alle quali gli investitori pubblicitari devono a malincuore adeguarsi. Con l’incremento del 2% sulle tariffe in pratica con questa Google Tax, i 2/3 della nuova imposta vengono scaricati direttamente sugli utenti pubblicitari. Alcune aziende hanno annunciato che ridurranno il loro spending sulle piattaforme Google, ma l’impatto di questo cambiamento nei costi è ancora da verificare.

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