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«Un importante passo avanti nel nostro viaggio all’interno dell’intelligenza artificiale», questo il titolo del comunicato nel quale il CEO di Google e Alphabet, Sundar Pichai, ha presentato il nuovo strumento di chatbot del colosso di Mountain View, Bard (in italiano “bardo”, “narratore”).
Questo nuovo sistema di intelligenza artificiale conversazionale, per ora aperto soltanto a “tester fidati”, è alimentato da un tanto rivoluzionario quanto complesso modello linguistico, detto LaMDA (Language Model for Dialogue Applications, letteralmente “modello di linguaggio per applicazioni dialogiche“). LaMDA è stato sviluppato da Google nel corso degli ultimi sei anni, e viene “addestrato” su una vastissima quantità di dati online, ed è in grado di generare risposte quanto più precise alle richieste degli utenti. Si tratta di un modello di funzionamento molto simile a quello di ChatGPT, il chatbot di OpenAI, di cui si è tanto parlato negli ultimi mesi, e che presto sarà integrato nei risultati di Bing, il motore di ricerca di Microsoft.
Sebbene il parallelismo tra i due strumenti sia inevitabile, e molti siano le voci che sostengono come il lancio di Bard sia solo un ultimo disperato tentativo di BigG di difendere la sua funzione di ricerca online dalle minacce poste dalle chatbot basate sulla AI (basti pensare che, dal suo lancio al pubblico, ChatGPT è stato utilizzato per ogni tipo di contenuto creativo, tra cui la scrittura di saggi, racconti, testi di canzoni, codici informatici e altro ancora, configurandosi come un valido sostituto alle queries tradizionalmente cercate su Google), la realtà è ben diversa, almeno secondo i “cervelloni” di Mountain View.
Riprendendo le parole di Pichai, il riorientamento di Google verso l’intelligenza artificiale – e, soprattutto, la sua successiva applicazione a servizio della semplificazione della vita quotidiana dei milioni di utenti che ogni giorno si avvalgono di questo motore di ricerca – è un processo cominciato sei anni fa ed ancora in divenire, dal quale sono nati meccanismi di deep learning come il Transformer, ora disponibile come open source, e alla base del funzionamento anche di ChatGPT stesso.
In questo articolo, approfondiremo le modalità di funzionamento di Google Bard, e scopriremo quali sono le caratteristiche e, almeno nelle promesse, i punti di forza di questo innovativo strumento -soprattutto in confronto al suo principale competitor, ChatGPT-, nonché quando potremo cominciare ad utilizzarlo anche nel nostro Paese. Infine, vedremo qual è stato l’errore commesso durante la prima presentazione pubblica di Google Bard che ha portato la compagnia a perdere oltre il 7 per cento del proprio valore in borsa in pochi secondi.
Google Bard: cos’è, quali sono le sue principali applicazioni e da quando potremo cominciare ad utilizzarlo?
Basato sul Language Model for Dialogue Applications (in breve, LaMDA), una rivoluzionaria tecnologia conversazionale in grado di dialogare con l’utente su un numero apparentemente infinito di argomenti, e frutto di oltre sei anni di lavori (nonostante sia stata presentata per la prima volta al pubblico soltanto due anni fa), Google Bard ha l’ambizioso obiettivo, perlomeno nelle intenzioni degli sviluppatori, di aprire una nuova frontiera nel nostro rapporto con l’intelligenza artificiale conversazionale, nonché di sbloccare un modo completamente rivoluzionario di rapportarci con il web.
Questo potente modello di linguaggio è basato sulla più recente versione della tecnologia di deep learning Transformer, un modello di apprendimento profondo che adotta il meccanismo dell’auto-attenzione, ponderando in modo differenziato il significato di ciascuna parte dei dati in ingresso. Questo rivoluzionario modello di apprendimento è stato lanciato per la prima volta dal colosso di Mountain View nel 2017, ed è poco dopo divenuto open source (ovvero “aperto a tutti”), permettendo, tra le altre cose, il funzionamento dello stesso ChatGPT.
Quali saranno le principali applicazioni di Google Bard?
Uno degli aspetti più interessanti di Google Bard sono le sue potenziali applicazioni. Infatti, nelle intenzioni degli sviluppatori di Mountain View, Bard avrebbe l’ambizioso obiettivo di migliorare la comprensione e l’approfondimento degli argomenti ricercati dagli utenti all’interno di Google.
Per farlo, lo strumento esplorerà una vasta gamma di opinioni e prospettive diverse riguardanti lo stesso argomento (soprattutto in tutti quei casi in cui non esiste una risposta giusta o sbagliata ad una determinata domanda), e le sintetizzerà in risposte chiare e di facile interpretazione, che possano davvero rispondere alle domande e necessità degli utenti. In questo modo, lo strumento trasformerà le nostre ricerche in conoscenze utili ed applicabili, aiutandoci ad arrivare direttamente “al cuore” di ciò che stiamo cercando.
Secondo gli sviluppatori, Google Bard sarebbe addirittura in grado di convertire le più recenti scoperte scientifiche in prodotti che possono aiutare davvero le persone, e dunque di migliorare concretamente la vita di milioni di utenti sparsi in tutto il mondo.
Infine, analogamente ai suoi competitors, il “bardo” potrebbe risultare un valido supporto nella creazione di contenuti di vario tipo e formato, da testi informativi a report, sequenze di e-mail marketing, testi per blog, caption per i social, script di video, e così via. Inoltre, potrebbe fornire preziosi input utili ad agevolare e stimolare il processo creativo, soprattutto quando ci troviamo a corto di idee o non sappiamo come concludere e/o iniziare un testo in modo efficace. Ecco perché le sue applicazioni all’interno di una ben consolidata strategia di content marketing appaiono particolarmente promettenti (qui un articolo a proposito). Tutto questo, chiaramente, a costo zero (almeno nella versione base).
Quando potremo cominciare ad utilizzare Google Bard?
Sebbene lo strumento sia ora stato rilasciato soltanto in versione Beta e l’accesso consentito solo ad un ristretto gruppo di “tester fidati”, Bard dovrebbe diventare disponibile anche per il grande pubblico nelle prossime settimane. Inoltre, sempre stando alle dichiarazioni rilasciate dal CEO di Google, nuove funzioni di intelligenza artificiale inizieranno presto a essere integrate su Google Search, in modo da garantire agli utenti un’esperienza web senza precedenti in termini di completezza delle informazioni ed accessibilità.
Tutte queste promesse non hanno fatto altro che aumentare la curiosità degli addetti al settore -e non solo- verso questo strumento e le sue reali funzionalità.
Nell’ultima sezione di questo articolo vedremo quali sono, almeno per quanto ne sappiamo al momento, le maggiori differenze di questo strumento con il suo più celebre competitor, ChatGPT.
Google Bard vs Chat GPT: cosa differenzia i due strumenti e perché Google Bard non è l’anti-chatGPT?
Annunciato in concomitanza della dichiarazione di Microsoft di voler integrare una versione potenziata del chatbot ChatGPT all’interno del noto motore di ricerca Bing, Bard di Google ha da subito suscitato l’interesse (ma anche le perplessità) degli addetti al settore – e non solo. In particolare, in molti si stanno chiedendo se Google Bard si configurerà come una sorta di anti-chatGPT, o se le sue funzionalità saranno davvero uniche e rivoluzionarie.
In primo luogo, è doveroso precisare che Google Bard non è nato come risposta al fenomeno ChatGPT (anche se il successo di quest’ultimo potrebbe averne velocizzato lo sviluppo). Come abbiamo sottolineato in precedenza, i “cervelloni” di Mountain View stanno lavorando su diversi sistemi di intelligenza artificiale da svariati anni, tanto che il funzionamento del chatbot di OpenAI si basa proprio su un sistema di apprendimento neurale sviluppato inizialmente da Google, e che sarà ora alla base, nella sua ultima versione, anche di Bard.
Inoltre, contrariamente a ChatGPT, Google Bard nasce direttamente come uno strumento connesso alla ricerca sul Web (d’altronde, non poteva essere altrimenti, se consideriamo il core business di Google). Di conseguenza, Bard è stato sviluppato in modo da essere in grado di rispondere a domande più complesse e pratiche rispetto a chatGPT, e che spesso non hanno una risposta unica o sono basate su esperienze e/o opinioni (come, ad esempio, “è più semplice imparare a suonare il piano o la chitarra?”). In questo modo, il chatbot di Google sarà in grado di aiutare gli utenti ad avere un quadro più generale sulla tematica ricercata, che sarà poi possibile approfondire tramite le ricerche correlate.
Inoltre, Bard sarà in grado di fornire informazioni su argomenti accaduti dopo il 2021 (questo è, come abbiamo visto qui, uno dei più grandi limiti di ChatGPT). Il chatbot di Google utilizza infatti, come abbiamo visto, modelli linguistici più recenti ed aggiornati per fornire informazioni più rilevanti e pertinenti alle richieste degli utenti.
Se guardiamo invece ai limiti di questo nuovo strumento, scalpore ha destato il fatto che, durante la sua prima presentazione, Bard abbia fornito una risposta errata alla domanda “Quali scoperte del James Webb Space Telescope potrei raccontare a mio figlio di 9 anni?”. Tra le risposte date dal chatbot troviamo infatti che “Nel 2022 Il JWST ha scattato la prima fotografia di un pianeta al di fuori del sistema solare”. Un’affermazione inesatta, poiché la prima fotografia scattata ad un esopianeta risale addirittura al 2004, ed è stata scattata dal VLT (Very Large Telescope) Yepun dell’Osservatorio ESO a Paranal, in Cile. Errore che pare essere costato a Google oltre 100 miliardi di dollari, ovvero circa il 7% del valore in borsa.
Inoltre, a differenza di ChatGPT, sembra che Bard sarà disponibile, almeno in un primo periodo, soltanto in lingua inglese. Limite che, comunque, verrà presto colmato.
D’altra parte, i modelli linguistici alla base di Bard sono molto più complessi di quelli utilizzati da chatGPT, ed i tempi di sviluppo ed aggiornamento di questi sono, di conseguenza, molto più lunghi.
In conclusione, nonostante le speculazioni dei detrattori di Google, la sensazione condivisa è proprio quella che lontani saranno i giorni in cui dei generici chatbot potranno sostituire il motore di ricerca più utilizzato al mondo che, almeno secondo le previsioni, è riuscito non solo a rispondere a questi timori, ma addirittura a sfruttare i sistemi di intelligenza artificiale conversazionale a suo vantaggio. E siamo solo all’inizio.