Tone of voice: come trovare quello giusto per il tuo Brand

di Marco Decio
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Tone of voice

Che cos’è il Tone of Voice?

Uno degli elementi che contribuiscono al successo di una strategia di marketing è il Tone of Voice (ToV), letteralmente “tono di voce”, ovvero l’insieme di elementi semantici, linguistici, lessicali, stilistici e visivi che costituiscono l’identità verbale di un brand e caratterizzano la sua comunicazione online e offline.

Il ToV è il modo in cui un’azienda decide di parlare con il suo pubblico ed è uno dei tasselli più importanti nel processo di costruzione della Brand Identity, ma non va confuso con la Brand voice, ossia la voce del brand, che descrive la personalità del marchio e ne rispecchia i valori.

Proviamo a rendere più chiara la differenza: la Brand voice è unica, riconoscibile e coerente nel tempo, mentre il ToV può cambiare in base all’audience che si desidera intercettare, al canale utilizzato e all’obiettivo che si vuole raggiungere attraverso una determinata attività comunicativa. In altre parole, il tono di voce non è il “cosa si sta dicendo”, ma “come si sta esprimendo un concetto”. Per ottenere dei buoni risultati in termini di posizionamento e riconoscimento del brand, il tono di voce deve essere originale, riconoscibile e sempre coerente con la Brand Voice.

Il Tone of Voice è un elemento essenziale della Copy strategy e più in generale di qualsiasi attività di comunicazione: ad esempio, un progetto di Digital storytelling difficilmente può avere successo se non si ha ben chiaro il tono di voce del brand.

Le diverse tipologie di Tone of Voice

Valentina Falcinelli, copywriter, esperta identità verbale e formatrice, nel suo libro “Testi che parlano” individua quattro categorie di ToV e le rappresenta con un termometro:

  1. Tono freddo (burocratico o istituzionale): è un tono di voce autoritario, distaccato e poco coinvolgente. Le parole utilizzate sono di difficile comprensione, lontane dalla vita di tutti i giorni. Serve a mantenere la distanza e complica il dialogo. Il ToV freddo è tipico delle comunicazioni ufficiali del Governo;
  2. Tono neutro (onirico o professionale): è autorevole ma non autoritario, distaccato ma accogliente, formale e asciutto. Non trasmette né emozioni né giudizi, il linguaggio è ricco e le parole utilizzate sono ricercate ma comprensibili. Un esempio di ToV neutro è la comunicazione istituzionale;
  3. Tono caldo (colloquiale o amichevole): fa leva sull’empatia e mette al centro il consumatore, i suoi bisogni e i suoi desideri allo scopo di creare una relazione duratura tra quest’ultimo e il brand. Il linguaggio utilizzato è amichevole e colloquiale, accogliente e rassicurante. Un esempio di ToV caldo è la pubblicità del marchio di prodotti per l’igiene personale Dove;
  4. Tono colorato (ironico o aggressivo): lo stile è provocatorio, a volte aggressivo, ma anche frizzante e giocoso, adatto ai brand coraggiosi che si espongono, osano e sanno fare rumore. Un esempio di ToV colorato è l’azienda Taffo.

Un’altra importante classificazione è quella dell’imprenditore Jakob Nielsen che ha individuato quattro dimensioni del Tone of Voice da studiare e mettere a confronto:

  1. Divertente vs Serio: la comunicazione deve avere un tono serio o è possibile utilizzare anche dei contenuti ironici?
  2. Formale vs Informale: è preferibile usare un tono formale o è meglio accorciare le distanze e creare una connessione con il pubblico attraverso un linguaggio informale e accogliente? In altre parole: puoi dare del “tu” al destinatario del messaggio?
  3. Rispettoso vs Irriverente: l’argomento deve essere affrontato in modo rispettoso o si può adottare un approccio irriverente per distinguersi dalla concorrenza?
  4. Entusiasmo vs Realtà: il messaggio deve essere trasmesso con entusiasmo o è sufficiente fornire le informazioni necessarie in modo coinciso e concreto?

Secondo Nielsen a partire dallo studio degli opposti è possibile definire il Tone of Voice più adatto al brand e costruire uno stile di comunicazione efficace che aumenta la Brand Reputation e incrementa le conversioni.

Tone of Voice esempi: 3 casi studio che spiegano l’importanza del tono di voce

Per meglio comprendere in che modo il tono di voce può decretare il successo di un brand, analizziamo brevemente tre case study che hanno fatto storia:

  1. Ceres: l’obiettivo del brand di birra danese è divertire e intrattenere la propria audience attraverso giochi di parole e un linguaggio colloquiale, fresco, irriverente e diretto. Quello di Ceres è un perfetto esempio di ToV ironico;
  2. Collistar: l’azienda specializzata in prodotti di bellezza utilizza un TvO professionale e asciutto, volto a informare, e si rivolge a un pubblico competente e alto-spendente;
  3. Estetista Cinica: è il nome d’arte di Cristina Fogazzi, fondatrice del marchio di prodotti cosmetici VeraLab, che nelle sue newsletter predilige un ToV caldo, coinvolgente, simpatico e amichevole che le ha fatto guadagnare la fiducia delle sue “fagiane” (nome con cui ha ribattezzato le sue fan).

Come trovare il tono di voce? 5 consigli per non sbagliare

Trovare il tono di voce più adatto alla propria azienda non è un’impresa impossibile, ma bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello dell’improvvisazione. Costruire un Tone of Voice, infatti, significa prendere in considerazione diversi fattori e porsi alcune importanti domande.

Ecco cinque consigli per individuare il ToV ideale per il brand:

  • Definire valori e mission: individuare i punti di forza e di debolezza del brand, cosa lo distingue dalla concorrenza e quali sono i suoi valori e obiettivi. In altre parole, il punto di partenza è l’analisi SWOT (Strengths, Weaknesse,Opportunities, Threats). Conoscere la propria identità è il primo passo verso la costruzione del corretto Tone of Voice;
  • Studiare gli archetipi Junghiani: quando si lavora sull’identità verbale del brand bisogna prendere in considerazione anche i 12 archetipi Junghiani, ognuno dei quali è associato a una specifica tipologia di individuo e quindi a un preciso tono di voce. Secondo lo psicologo Carl Jung gli archetipi sono attivatori di emozioni ricollegabili a quattro fondamentali motivazioni umane:
  1. Stabilità (bisogno di avere dei punti fermi);
  2. Indipendenza (bisogno di alimentare l’individualità);
  3. Cambiamento (bisogno di guardare al futuro);
  4. Appartenenza (bisogno di sentirsi parte di un gruppo).

Approfondiamo brevemente le caratteristiche dei 12 archetipi Junghiani:

  • The Innocent: l’innocente è collegato al bisogno di indipendenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che cercano di trasmettere libertà e felicità, come il già citato Dove o Coca Cola;
  • The Hero: l’eroe è collegato al bisogno di cambiamento. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che trasmettono forza, potenza e coraggio, come Nike e Gatorade;
  • The Caregiver: l’angelo custode è collegato al bisogno di stabilità. Fanno riferimento a questo archetipo i brand empatici che si focalizzano sulla cura delle persone, come Pampers o le aziende che lavorano nel settore no profit;
  • The Ruler: il sovrano è collegato al bisogno di stabilità. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che trasmettono responsabilità, autorevolezza e leadership, come American Express e Rolex;
  • The Creator: il creatore, o costruttore, è collegato al bisogno di stabilità. Fanno riferimento a questo archetipo i brand attenti alla creatività, all’innovazione e alla libertà d’espressione, come Lego e Apple;
  • The Sage: il saggio è collegato al bisogno di indipendenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che vogliono guidare il consumatore in un viaggio di scoperta per capire il mondo che lo circonda, come Google e Audi;
  • The Explorer: l’esploratore è collegato al bisogno di indipendenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che promettono nuove esperienze e spingono le persone a mettersi alla prova, come North Face e Red Bull;
  • The Magician: il mago è collegato al bisogno di cambiamento. Fanno riferimento a questo archetipo i brand visionari, creativi che offrono soluzioni semplici ai problemi di tutti i giorni, come il già citato Apple e Disney;
  • The Outlaw: il ribelle è collegato al bisogno di cambiamento. Fanno riferimento a questo archetipo i brand dall’animo ribelle che vogliono essere temuti e ammirati allo stesso tempo, come Harley Davidson e Diesel;
  • Everyman: l’uomo comune è collegato al bisogno di appartenenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che hanno un approccio empatico e puntano su una comunicazione semplice e trasparente, come Ikea e Barilla;
  • The Jester: il burlone è collegato al bisogno di appartenenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che esprimono energia, spontaneità e divertimento, come M&Ms e Fanta;
  • The Lover: l’amante è collegato al bisogno di appartenenza. Fanno riferimento a questo archetipo i brand che sanno ammaliare, sedurre e regalare emozioni intense, come Victoria’s Secret e Müller.

Un brand può riconoscersi in uno dei dodici archetipi junghiani oppure essere la somma delle caratteristiche di diversi archetipi.

  • Identificare il target: analizzare il linguaggio, le abitudini, i gusti, i bisogni e le caratteristiche demografiche l’audience di riferimento per creare una buyer persona e costruire il profilo del cliente ideale;
  • Dallo storyboard al documento di stile: bisogna pensare al brand come il protagonista di un racconto e, dopo averne analizzato la storia, creare uno o più storyboard che raccolgano i possibili dialoghi con il pubblico di riferimento. Una volta individuati i termini, le espressioni da utilizzare e quelle da evitare, si passa alla creazione di un documento di stile, ovvero il file che raccoglie tutte le informazioni sul linguaggio da utilizzare e contiene le linee guida sulla comunicazione che dovrà essere sempre coerente su tutti i canali (sito web, blog aziendale, newsletter, email, eccetera);
  • Condivisione e aggiornamento: dopo aver definito lo stile del linguaggio che dovrà rendere il brand riconoscibile e differenziarlo dai competitors, le linee guida vanno condivise con i professionisti della comunicazione che si occupano della produzione dei contenuti: dal copywriter al Social Media Manager passando per l’ufficio stampa. Va inoltre ricordato che le linee guida possono essere aggiornate nel tempo ed è quindi utile prevedere dei meeting per allineare il team e migliorare le performance.

Il tono di voce può essere definito da uno specialista interno all’azienda, come il Brand Specialist o il direttore creativo, oppure da un consulente esterno o da un’agenzia di Content marketing. Indipendentemente da chi se ne occupa, la persona o il team responsabile deve avere capacità analitiche per condurre ricerche sull’audience di riferimento, capacità di scrittura per esprimere al meglio l’identità del brand attraverso i vari canali di comunicazione e, naturalmente, una conoscenza approfondita dell’azienda e della sua storia.

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