Neuromarketing: come può essere utile al Content marketing

I principi del Neuromarketing aiutano le aziende a comprendere i meccanismi di scelta dei clienti e sono importanti anche per orientare le attività di Content marketing

di Pietro Dommarco
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Neuromarketing e content marketing

Che cos’è il neuromarketing e quali sono i suoi strumenti?

Il neuromarketing è una branca della neuroeconomia, detta anche neuroscienze della decisione. E’ una disciplina che unisce il marketing tradizionale, la psicologia e la neurologia per indagare i comportamenti delle persone in risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, marche o pubblicità. L’obiettivo è di comprendere i meccanismi più profondi che guidano le decisioni d’acquisto.

Il termine neuromarketing è stato usato per la prima volta nel 2002 da Ale Smitds, professore di marketing presso la Rotterdam School of Management.

In poche parole, il neuromarketing studia i processi cognitivi più profondi per capire quali emozioni guidano le decisioni di acquisto delle persone. In questo modo i marketer e aziende riescono in qualche modo a “entrare nella mente e nel cuore” dei loro clienti al fine di progettare strategie di comunicazione sempre più efficaci per vendere prodotti e servizi.

Questa disciplina si propone di capire che cosa accade a livello neurocognitivo in risposta ai diversi stimoli, come uno spot, una promozione, il packaging di un prodotto o il logo di un determinato brand. A tale scopo si avvale di diversi strumenti che non sostituiscono survey, ricerche di mercato, interviste e focus group, ma li completano:

  • Elettroencefalogrammi: permettono di misurare quali aree del cervello si attivano durante la visualizzazione di un annuncio, di un prodotto o di un logo;
  • Eye tracking: si tratta di una tecnica che consente di registrare la dilatazione e la contrazione delle pupille in relazione alle diverse emozioni che si provano;
  • Risonanza magnetica funzionale o fMRI: permette di misurare il flusso sanguigno cerebrale e, di conseguenza, mappare le aree del cervello che si attivano quando si viene sottoposti a specifici stimoli;
  • La misurazione della risposta galvanica della pelle (GSR) o attività elettrodermica: misura la variazione della sudorazione in seguito alla visione di immagini o video;
  • Rilevazioni biometriche: misurano il battito cardiaco in relazione alle risposte emotive;
  • Facial coding o codifica delle espressioni facciali: permette di interpretare la mimica facciale relativa alle emozioni espresse in presenza di determinati stimoli.

Il neuromarketing è uno strumento davvero prezioso e può rivelarsi utile in diversi settori:

  • Brand strategy e comunicazione aziendale;
  • Rebranding e nuove categorie di prodotto;
  • Product placement e packaging design;
  • Customer experience;
  • Food and beverage;
  • Web design;
  • Comunicazione politica.

Ricapitolando, il neuromarketing considera la componente psicologica dell’essere umano e rivoluziona la visione del consumatore le cui scelte d’acquisto, a differenza di quanto avviene nel paradigma dell’economia tradizionale, non sono determinate solo da processi razionali volti a massimizzare l’utilità di ogni scelta.

Basti pensare che secondo Gerald Zaltman, docente di Marketing presso l’Harvard Business School e autore del libro The Subconscious Mind of the Consumer (And how to reach it)”, il 95% delle decisioni di consumo sono influenzate da processi che coinvolgono l’inconscio e sono quindi sono di tipo irrazionale.

In che modo il Neuromarketing può essere utile al Content marketing?

Le innovative tecniche di neuromarketing permettono di conoscere l’identità psicologica del consumatore, offrendo a marketer e aziende la possibilità di costruire una strategia di Content marketing efficace, basata su contenuti di qualità in grado di aumentare l’engagement e la Brand awareness.

Per meglio comprendere che cosa può fare il neuromarketing per il Content marketing va ricordato che le neuroscienze suddividono il cervello in tre parti:

  • Cervello razionale (New Brain): è la parte che “pensa” ed elabora i dati;
  • Cervello intermedio (Middle Brain): è la parte che “sente” ed elabora le emozioni e i sentimenti profondi;
  • Cervello primitivo (Old Brain): è la parte più interna, dove si trova l’amigdala. L’Old Brain, dopo aver preso in considerazione sia le informazioni del New Brain che del Middle Brain, “decide”.

Oggi, grazie alle neuroscienze è possibile comunicare direttamente con l’Old Brain, ovvero la parte che domina i meccanismi decisionali, il quale presenta le seguenti caratteristiche:

  • Egocentrismo: è interessato solo a ciò che lo riguarda;
  • Sensibilità al contrasto netto (ad esempio: bianco/nero);
  • Concretezza;
  • Capacità di ricordare l’inizio e la fine di ogni situazione;
  • È connesso al nervo ottico e ciò significa che si tratta di una parte del cervello influenzata dalle immagini;
  • Reagisce con forza alle emozioni.

Vediamo in che modo possiamo sfruttare le caratteristiche dell’Old Brain per creare contenuti interessanti e originali in grado di attirare l’attenzione del consumatore:

  • Personalizzare i contenuti e fornire esempi reali: il consumatore è interessato solo a ciò che lo riguarda personalmente e tende a non prestare attenzione a tutto il resto. Inoltre, non ama l’astratezza.
  • Condividere informazioni utili: i consumatori che navigano online sono alla ricerca di soluzioni per i loro problemi. Bisogna quindi comunicare in maniera diretta con l’utente, evitando i giri di parole e i rischi legati a quella che in psicologia sociale è chiamata ignoranza pluralistica. Nel marketing, l’ignoranza pluralistica si realizza quando un brand utilizza un gergo indecifrabile che tende a confondere le idee e allontana le persone, spingendole ad interrogarsi sui reali benefici di un prodotto o servizio. Al contrario, le descrizioni colloquiali avvicinano le persone che, di conseguenza, vogliono saperne di più sul prodotto/servizio;
  • Storytelling: rappresenta la soluzione all’ignoranza pluralistica perché quando si racconta una storia è quasi impossibile utilizzare un gergo incomprensibile. Le storie impegnano la parte del cervello responsabile del processo decisionale, creano connessioni e possono convincerci ad acquistare un prodotto o un servizio. Come si raccontano storie coinvolgenti, capaci di emozionare e in grado di attrarre una target audience ben definita? Per farlo è necessario conoscere le tecniche dello storytelling e sviluppare una strategia di Digital storytelling, ovvero l’arte di raccontare storie attraverso l’uso degli strumenti offerti dal mondo digitale;
  • Sfruttare il contrasto: come abbiamo già detto, il cervello primitivo è sensibile al contrasto netto e spinge le persone a prendere decisioni più velocemente. Per sfruttare al meglio questa caratteristica dell’Old Brain e distinguersi dai competitor bisogna sviluppare contenuti che offrano punti di vista originali capaci di impressionare positivamente il proprio pubblico di riferimento;
  • Non sottovalutare la potenza dell’immagine: in una Content strategy i contenuti visuali sono fondamentali. Le immagini, le infografiche, i grafici e soprattutto i video, riducono la Bounce Rate (frequenza di rimbalzo).
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