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Cos’è il Contextual Avertising
Il contextual advertising (o in una definizione più ampia il contextual marketing) può essere definito come una pratica di pianificazione pubblicitaria che ha l’obiettivo di mostrare il messaggio commerciale di un brand o di un prodotto nel contesto in cui questo è più efficace. In realtà il principio è lo stesso che è da sempre alla base del media planning, anche quello più tradizionale: in tempi pre internet, il planner dell’agenzia media cercava di di acquistare spazi pubblicitari su editori e testate che fossero il più possibile in linea con il contenuto pubblicitario del suo cliente.
Naturalmente oggi le cose vanno in modo piuttosto diverso, perché tutto è basato su piattaforme tecnologiche. Le singole pagine web vengono lette da sistemi automatici che ne interpretano il contenuto semantico, costruiscono dei database con modelli di segmentazione e passano l’informazione a delle piattaforme di pianificazione che selezionano le pagine e le posizioni su cui pianificare gli annunci.
Il più noto servizio di advertising contestuale sul mercato da anni è quello fornito da Google ai propri investitori e agli editori che partecipano al programma Adsense. Un Googlebot verifica il contenuto delle pagine sulle quali sono disponibili spazi pubblicitari e pubblica gli annunci sulla base delle richieste di keyword fatte dagli advertiser. L’algoritmo ha l’obiettivo di massimizzare la probabilità che gli annunci ricevano click qualificati, grazie alla miglior corrispondenza del messaggio pubblicitario con l’argomento della pagina.
Il keyword targeting delle pagine è una metodologia relativamente semplice, anche se richiede una enorme capacità di calcolo e di gestione database, caratteristiche che l’infrastruttura di Google è stata in grado di garantire.
La crisi del Programmatic
Negli ultimi anni il contextual advertising non è certo stata la metodologia al centro degli interessi del mercato Adtech. Gran parte degli investimenti in tecnologia e risorse sono andati verso i sistemi di programmatic e real time bidding e sulle tecnologie di acquisizione e analisi dei dati degli utenti. Lo scopo verso cui questi sistemi tendono è la segmentazione sempre più raffinata del pubblico, fino ad arrivare al microtargeting in tempo reale. Il problema di questi sistemi è che hanno la necessità di acquisire e gestire una grande quantità di dati puntuali sul comportamento degli utenti, con serie implicazioni che riguardano la privacy.
Le legislazioni internazionali, e principalmente quelle europee, prima con la cookie law nel 2017 e poi con il GDPR hanno iniziato a porre qualche limite all’acquisizione e al trattamento indiscriminato dei dati. Ma ciò che ha cambiato le carte in tavola in modo dirompente è stata la decisione di Google, annunciata nel 2019, di bloccare i cookies sul proprio browser Safari a partire dal 2022. Di certo questa decisione avrà delle ripercussioni importanti sugli equilibri del mercato. L’Osservatorio del Politecnico di Milano ha stimato che solo in Italia questo cambiamento metterà a rischio il mercato del programmatic che vale 588 milioni di euro.
Nel tentativo di correre ai ripari, le aziende dell’Adtech stanno affannosamente cercando di sviluppare alternative ai cookies per il targeting degli annunci. E’ proprio in questa situazione che il contextual advertising sta tornando d’attualità, visto che è un delle principali strade che si stanno battendo in questa direzione.
Le nuove opportunità del Contextual Advertising
I progressi fatti negli ultimi anni dal machine learning e dall’intelligenza artificiale applicata al linguaggio, e in particolare le metodologie di word embedding, costituiscono un enorme passo avanti per le possibilità di interpretare e classificare il contenuto semantico di un testo o di una pagina web. I sistemi keyword based sono ormai datati: oggi le reti neurali sono in grado di analizzare e interpretare un testo e in qualche modo di “comprenderne” il contenuto. Il word embedding si basa su una tecnica di unsupervised machine learning: il training del sistema non ha cioè bisogno della classificazione dei risultati da parte di esseri umani (come ad esempio accade invece per i sistemi di image recognition). In pratica, una volta sottoposta al sistema una quantità elevata di testi, questo è in grado di costruire autonomamente una mappa multidimensionale che rappresenta con dei vettori le relazioni tra le parole.
Il targeting contestuale si differenzia sostanzialmente dai classici sistemi di targeting, perché non mette al centro l’utente, ma il contenuto. È un vero cambio di paradigma: se prima il focus era totalmente sulla raccolta di informazioni relative ai segmenti di utenti, al loro comportamento e alla loro fruizione (per arrivare possibilmente a una classificazione individuale), l’approccio contestuale ha come proprio oggetto di analisi e come variabile di pianificazione il contenuto fruito: attraverso questo cerca di ricostruire un profilo del fruitore e la sua probabilità di reagire positivamente a un messaggio pubblicitario. Il contenuto torna quindi ad essere centrale e diventa il fulcro dell’analisi e della classificazione necessaria a incrementare le performance pubblicitarie.
La strada in questa direzione è ancora in gran parte da percorrere, perché le soluzioni attualmente sviluppate sono ancora sperimentali e la loro efficacia non è ancora del tutto chiara. E’ certo che un cambiamento così radicale scombini completamente gli equilibri consolidati: le aziende che avevano investito tutte le loro energie nel programmatic basato sul cookie targeting non saranno necessariamente le stesse che riusciranno a far emergere i nuovi modelli di segmentazione basati sul context advertising. Si apre dunque un periodo di possibili grandi opportunità e cambiamenti, senza dimenticare però che Google, motore e il protagonista di questa rivoluzione, ha già un vantaggio considerevole nei confronti di qualunque possibile concorrente.