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Sgombriamo il campo da qualsiasi dubbio e diamo una risposta chiara e semplice: Sì, comprare link per la SEO è sempre sbagliato.
I link sono un segnale di valore per un sito e contribuiscono al suo posizionamento sui motori di ricerca e per questo devono essere il più possibile “naturali”. Google considera qualunque forzatura su questo indicatore come una manipolazione del ranking, e la vede come una pratica fortemente scorretta. Le conseguenze su un sito, nel momento in cui Google individua un’azione che considera illecita, possono essere davvero spiacevoli. Si va dalla perdita automatica di posizioni alle temutissime penalizzazioni manuali, dalle quali riprendersi è davvero difficile. Nei casi peggiori si può arrivare addirittura all’esclusione dall’indice.
Cosa dicono le linee guida di Google sull’acquisto di link
Nelle sue linee guida per i webmaster Google dedica una sezione speciale a quelli che vengono definiti schemi di link. Si tratta di tutte quelle attività volte a manipolare il PageRank o il ranking di un sito creando dei link non naturali. In questa pagina delle linee guida Google specifica che sono vietate tutte le seguenti attività:
- Lo scambio di denaro per link o post che contengono link.
- Lo scambio di beni o servizi per i link.
- L’invio a qualcuno di un prodotto “omaggio” in cambio di una recensione positiva e dell’inclusione di un link.
Il divieto di comprare link è molto stretto e non si applica solo all’effettivo acquisto con transazione in denaro, ma anche a qualunque scambio di beni o favori.
Molto interessante è questo esempio che fece in un video di qualche anno fa Matt Cutts, allora responsabile dell’algoritmo di Google:
“ Vai a cena con un cliente. Durante la cena parlate del suo sito e alla fine lui paga il conto del ristorante. Tornato a casa tu pubblichi un link che punta a una sua pagina. Se lo fai perché il cliente ti ha convinto che il suo sito è davvero interessante, stai compiendo un’azione lecita. Se invece lo fai perché ti ha pagato la cena, stai violando le linee guida di Google”.
Sono certo che ti stai domandando: “come accidenti fa Google a sapere che il cliente mi ha pagato la cena? E come fa a sapere se ho postato il link perché ne ero davvero convinto o perché mi hanno pagato?”
La domanda è pertinente e ha una risposta interessante. Continua a leggere perché torneremo su questo punto più avanti.
Ma ora facciamo un passo indietro e facciamo il punto su come Google intende il segnale dei link.
Perché i link in entrata sono importanti
Fin dalle origini dell’algoritmo di Google i due fondatori Larry Page e Sergey Brin scelsero la quantità e la qualità dei link in entrata come indicatore principale dell’autorità di una pagina e di un dominio. Nacque così il famoso (o famigerato) PageRank.
Se vuoi saperne di più sul perché fu adottato questo indicatore, su come funziona e quali sono i suoi principi, leggi il nostro articolo sui link in entrata come fattore di posizionamento.
In sintesi si può dire che un link equivalga a un voto: se mando un link a una pagina è perché ritengo che sia degna di nota e che i suoi contenuti abbiano valore. Naturalmente fa differenza se il “voto” viene espresso da un sito con una grande autorità o da un piccolo blog con nessun seguito.
Perché Google considera la compravendita di link una violazione grave
Google ha costruito tutto il suo successo sulla fiducia degli utenti nella sua metodologia di ranking. Le persone cercano su Google perché sanno di trovare ciò di cui hanno bisogno. L’algoritmo di Google non è certo perfetto, ma oggi è il miglior sistema esistente per organizzare e classificare i contenuti della rete. Nel momento in cui qualcuno trova un modo per ingannare l’algoritmo e ottenere un risultato non meritato, produce un danno a Google, perché peggiora la qualità dei risultati di ricerca.
Comprare link significa alterare il meccanismo naturale di segnalazione e voto. Un link acquistato o comunque ottenuto a seguito di uno scambio, non rappresenta un vero segnale di valore per un sito.
Alcuni consulenti o agenzie SEO vi diranno che non tutti gli acquisti di link sono illeciti, ma solo quelli spudoratamente inseriti per alterare il PageRank. Se invece un link è comunque in qualche modo utile, sarebbe lecito acquistarlo, anche perché in questo modo si retribuisce il lavoro di chi ha prodotto il contenuto editoriale da cui il link proviene.
Questa posizione o è ipocrita (molti consulenti e agenzie guadagnano con questo sistema e lo difendono anche arrampicandosi sui vetri) o dimostra scarsa comprensione delle logiche dell’algoritmo. Certo che è legittimo pagare qualcuno per parlare bene del nostro sito e anche di mandare un link. Ma dovrà necessariamente essere un link nofollow. Per chiamarla con il suo nome questa si chiama pubblicità, o al limite attività publiredazionale.
Il link building è un’attività difficile, complessa e impegnativa. Acquistare link è certo una strada apparentemente più facile.
Obiezione: comprare link funziona
Sono molti i siti che hanno affidato le loro strategie di link building a questa attività, e in molti casi con ottimi risultati. Per lo meno fino a quando Google non comincia ad avere sospetti. Il rischio a cui ci si espone è davvero elevato. Sono molti infatti che hanno pagato caro il ricorso a questa pratica. Il primo duro colpo venne sferrato da Google nel 2012 con il lancio dell’update Peng Per fare un paragone un po’ azzardato, anche l’evasione fiscale può essere molto vantaggiosa, se l’Agenzia delle Entrate non se ne accorge.
Obiezione 2: Google non lo verrà mai a sapere
Naturalmente Google non è in grado di sapere se il vostro cliente vi ha pagato una cena, e non vi può spiare mentre conducete una trattativa o fate un pagamento per comprare un link. Ma ha sistemi piuttosto sofisticati per fare delle supposizioni fondate sulla relazione tra due siti che si scambiano link.
Normalmente chi compra o vende link non lo fa una sola volta (non avrebbe neppure senso) ma tende a farlo in modo relativamente sistematico. E se c’è una cosa in cui Google eccelle è la capacità di riconoscere pattern ripetitivi e comportamenti sistematici. Google utilizza algoritmi specifici, inclusi sistemi di intelligenza artificiale, per analizzare, classificare e individuare elementi distintivi di siti e pagine. Il profilo di backlink di un sito che vende abitualmente link e quello di un sito che li compra, hanno inevitabilmente una serie di caratteristiche riconoscibili agli occhi di un sistema di questo tipo.
La penalizzazione è un rischio concreto
Semrush ha compiuto un’analisi sul profilo di backlink di una serie di siti che hanno subito una penalizzazione. In questo modo ha individuato le principali cause di penalizzazione legate a violazioni sulle linee guida per i link (il grafico di seguito è tratto dalla ricerca di Semrush).
I link sponsorizzati o a pagamento rappresentano la principale causa di penalizzazioni, sia algoritmiche sia manuali. Nella maggior parte dei casi la penalizzazione si verifica quando c’è una combinazione di due o tre comportamenti considerati illeciti. Attenzione anche ai Guest Post, che moltissimi webmaster utilizzano in modo estensivo come strategia di link building: quando sono legati a uno scambio (economico o di altre utilità) sono a rischio come i link comprati.
Un dato interessante segnalato dalla ricerca di Semrush è che la penalizzazione può essere innescata anche per link in entrata molto vecchi. Questo significa che non basta interrompere la pratica di acquisto link per mettersi al riparo, ma è necessario eliminare i link non naturali presenti sul sito anche da molto tempo.